Artículo de divulgación



Stress e cancro[1]

 

Francesco Bottaccioli1 y Anna Giulia Bottaccioli 2.

 

 

1- Filósofo de la Ciencia, Psicólogo con orientación Neurocognitiva, Fundador y Presidente Honorario de la Sociedad Italiana de Psiconeuroendocrinoimmunologia (SIPNEI). Es Académico en post Grado en la Università di Roma, Napoli, L’Aquila, Torino, Italia. Correo de contacto: francesco.bottaccioli@gmail.com, bottac.fra@gmail.com.

2- Médica Especialista en Medicina Interna, Académica en “Psicosomática-PNEI” en la Facultad de Psicología de la Università Vita e Salute, San Raffaele, Milano, y en “PNEI en la Clínica” del Post Grado de la Università di Roma, Napoli, L’Aquila, Torino. Es miembro del Consejo Directivo Nacional de la Sociedad Italiana de Psiconeuroendocrinoinmunología (SIPNEI), Italia. Correo de contacto: annagiulia.bottaccioli@gmail.com

 

Ambos investigan conjuntamente habiendo publicado varios artículos científicos en revistas peer-reviewed; además han publicado varios libros entre los cuales “Psiconeuroendocrinoinmunología e scienza della cura integrata. Il Manuale”, Edra, Milano, ha sido traducido al inglés y al castellano.

NB: La Secretaría Editorial tradujo el presente artículo al castellano. Puede consultar la versión traducida aquí.

 

Resumen:

L'integrazione tra medicina e psicologia è generalmente accettata, ma in particolare è cruciale per comprendere e trattare il cancro. Oggi è noto che, oltre alle alterazioni genomiche che possono essere indubbiamente presenti, le alterazioni epigenetiche giocano un ruolo fondamentale.

Lo scopo di questo articolo è quello di discutere le recenti evidenze che indicano che il disagio psicológico derivante da una diagnosi di cancro peggiora la prognosi se non viene adeguatamente trattato. Purtroppo, la maggior parte delle persone affette da cancro non riceve un aiuto psicologico adeguato e competente, ma, come spesso accade, solo ansiolitici e antidepressivi, la cui efficacia, in questi casi, è discutibile a causa dei rischi di effetti negativi sul cervello (deficit cognitivi) e sul sistema immunitario.

Lo stress cronico e i traumi imprimono una marcatura epigenetica sulle cellule del cervello e del sistema immunitario (SI), che inducono una neuroinfiammazione cronica.

La stimolazione prolungata del sistema dello stress induce una "risposta trascrizionale conservata alle avversità (CTRA)" nelle cellule immunitarie periferiche. Questa si manifesta con un aumento dell'espressione di geni pro-infiammatori, (tra cui IL-1β, IL-6 e TNF-α) e una diminuzione dell'espressione di geni che modulano la sintesi di anticorpi e molecole antivirali (circuito immunitario di tipo 1). Pertanto, l'inattivazione del circuito immunitario di tipo 1 espone le persone a un rischio maggiore di sviluppare tumori e infezioni virali.

Esistono prove fondate della relazione tra stress e cancro, ricavate dalla ricerca sugli animali. Questi risultati dimostrano la partecipazione del sistema immunitario al controllo dell'iniziazione, della crescita e delle metastasi, controllo che viene alterato disturbando la risposta dei linfociti citotossici e delle cellule NK, membri importanti del circuito di Tipo 1.

Esistono inoltre prove sempre più evidenti provenienti da studi sull'uomo, le più consolidate delle quali provengono da studi sulla fase post-diagnosi. Come verrà discusso, è stato dimostrato che le donne con un'adeguata integrazione sociale hanno una migliore sopravvivenza dopo la diagnosi di cancro colorettale. Inoltre, diverse metanalisi collegano la depressione, la solitudine e l'isolamento sociale con una riduzione del tasso di sopravvivenza dei pazienti oncologici.

 

 Parole chiave: stress cronico; cancro; tumori; rischio tumorale; epigenetica.

 

 

                           

 

 

 

Sono decenni che la comunità scientifica è divisa sulla relazione mente-cancro. Soprattutto negli anni Ottanta del Novecento, è stata combattuta una vera e propria battaglia a colpi di studi epidemiologici.

Alcuni di questi studi hanno dimostrato relazioni molto nette tra depressione e cancro, mentre altri le hanno decisamente negate. Il culmine dello scontro si ebbe nel 1985, quando l’autorevole ‘The New England Journal of Medicine’ pubblicò una ricerca di Barrie Cassileth del Centro tumori dell’Università della Pennsylvania (Cassileth et al., 1985). La studiosa non riscontrò alcun legame tra depressione e tumori. Come è regola della rivista, gli studi più significativi vengono accompagnati da editoriali redatti da esperti sull’argomento. In quel caso l’editoriale non venne affidato a un esterno, ma a Marcia Angell, della direzione del New England Journal of Medicine che concluse: ≪E giunto il momento di riconoscere una volta per tutte che la nostra credenza che le malattie siano una rappresentazione diretta delle nostre emozioni appartiene quasi del tutto al mondo dei sogni≫ (Angell, 1985).

Come era prevedibile, l’editoriale della più importante rivista medica americana scatenò un putiferio nella comunità scientifica. Soprattutto gli psiconeuroimmunologi reagirono con forza criticando il semplicismo dell’analisi di Marcia Angell. Coloro che indagano le relazioni esistenti tra mente e cancro, infatti, non pensano che la malattia tumorale sia ‘una rappresentazione diretta delle nostre emozioni’.

Sappiamo che la malattia non è mai il prodotto lineare di alcunché, figuriamoci una malattia complessa, multifattoriale e con un lungo periodo di incubazione come il cancro!

No, il punto non è questo. Il punto è che il cervello ha vie di collegamento bidirezionali con gli altri sistemi di regolazione generale e, anche per loro tramite, con l’insieme dell’organismo. L’attività mentale, le emozioni, transitano in questi circuiti, diventano modulatori, modificatori degli stati biologici, e quindi possono funzionare come facilitatori dell’azione dei cancerogeni ambientali, o, al contrario, come ostacoli alla cancerogenesi e alla progressione della malattia oncologica. Ipotizzare queste possibilità non significa fare concessioni al semplicismo antiscientifico, alla Hamer e alla cosiddetta ‘Nuova medicina germanica’, secondo la quale il cancro è tutto nella testa ed è da qui che occorre cacciarlo.

Mettere in luce il ruolo dello stress cronico e della sofferenza psichica strutturata nella cancerogenesi e nella progressione della malattia oncologica significa al contrario allargare gli orizzonti della scienza (Bottaccioli y Bottaccioli, 2017; Bottaccioli y Bottaccioli, 2022).

 

PRIMA PARTE

Lo stress cronico e i disturbi psichici nella promozione del cancro: lo stato delle evidenze

Seguendo le regole della scienza, per rispondere alla domanda “può lo stress essere un fattore di promozione del cancro e di peggioramento del decorso” dobbiamo descrivere i meccanismi biologici con cui una condizione di stress cronico e di sofferenza psichica possono concorrere all’iniziazione della trasformazione maligna delle cellule. Inoltre, anche se i meccanismi fossero plausibili e verificabili, dobbiamo vedere se abbiamo prove di tipo epidemiologico e clinico.

 

I meccanismi biologici

Negli anni ’10 e ’20 di questo secolo, con il prepotente sviluppo delle conoscenze in ambito PNEI, si sono moltiplicate le ricerche sui meccanismi con cui lo stress cronico può influire sulla genesi, la progressione e la terapia della malattia tumorale. Queste ricerche (Eng et al., 2014; Zhang et al., 2020; Abate et al., 2020; Eckerling, et al., 2021) ci suggeriscono i seguenti meccanismi.

Un incremento della produzione di neurotrasmettitori e ormoni dello stress può causare un aumento della proliferazione cellulare, mediata dall’incremento dei fattori di crescita indotto da noradrenalina e adrenalina, ma anche il cortisolo ha un effetto proliferativo, sia perché stimola la produzione di insulina e dei metaboliti collegati (IGF-1), sia perché inibisce l’espressione di p53 e di BRCA-1, che regolano l’apoptosi cellulare, grande risorsa contro la proliferazione incontrollata.

Inoltre l’aumento del cortisolo e, soprattutto, l’alterazione del suo ritmo circadiano possono provocare una disregolazione della risposta immunitaria con aumento delle attività di Th2 e Th17, circuiti immunitari che risultano essere inadatti a distruggere le cellule maligne. Anzi, lo sbilanciamento della risposta immunitaria verso Th2-Th17 causa un’infiammazione inefficace che porta allo sviluppo delle metastasi, le quali, come è noto, di regola sono la causa della morte.

Infine, un altro meccanismo studiato e quello che lega lo stress alla riduzione della lunghezza dei telomeri, che sono le porzioni finali di eterocromatina compatta, una sorta di ‘cappucci’ dei cromosomi che conferiscono loro stabilità. Un accorciamento di queste porzioni dei cromosomi rende il genoma instabile e piu soggetto ad alterazione in senso cancerogenetico. Al riguardo, abbiamo diverse prove sperimentali e cliniche che lo stress cronico causa un accorciamento dei telomeri, fin dalle prime fasi della vita (Ridout et al., 2018).

La figura riassume i meccanismi descritti

 

 

 

Figura N°1. Fonte: Bottaccioli F & Bottaccioli A.G. (2020) Psychoneuroendocrineimmunology and science of integrated care. The Manual, Edra (edizione inglese su quella italiana presso il medesimo editore).

Evidenze sperimentali ed epidemiologiche

Abbiamo evidenze significative dalla sperimentazione animale, in rafforzamento dagli studi su umani, anche se ancora non conclusivi. Le ricerche sull’animale dimostrano un coinvolgimento del sistema immunitario nel controllare l’inizio, la crescita e la metastatizzazione del tumore coinvolgendo in particolare l’immunità cellulo-mediata e natural killer (circuito antivirale Th1).

Sugli umani, di rilevo è una meta-analisi del gruppo di psicobiologia dell’Università di Londra, guidato da Andrew Steptoe (Chida et al., 2008) realizzata su 165 studi controllati, che, pur con tutte le cautele del caso, conclude che lo stress psicosociale e correlato a un aumento dell’incidenza di cancro, a una peggiore prognosi e a un aumento della mortalità.

Una ricerca multinazionale successiva denominata EPIC (European prospective investigation into cancer and nutrition), nella branca tedesca che ha coinvolto 50.000 partecipanti, dopo 8 anni di follow-up, ha stabilito una relazione inversa tra grado di soddisfazione nella vita e incidenza del cancro al seno. Le donne con scarsa soddisfazione nella vita hanno registrato un aumento del 45% della incidenza del cancro rispetto a quelle molto soddisfatte (Feller et al., 2013).

Un importante filone di ricerca degli ultimi anni riguarda la relazione tra avversità nelle prime fasi della vita e sviluppo della malattia oncologica. Il National Child Development Study del Regno Unito ha realizzato uno studio prospettico che ha coinvolto una coorte di oltre 6000 persone nate negli stessi giorni 50 anni prima. Ha potuto stabilire che le donne che hanno subito una o più esperienze avverse nell’infanzia hanno anche avuto un’incidenza di cancro doppia rispetto a chi da piccola non ha subito traumi (Kelly-Irving M et al., 2013).

 Quali sono i possibili meccanismi biologici? Una ricerca di studiosi di Psiconeuroendocrinoimmunologia degli Stati Uniti ha sottoposto ad analisi epigenetica le cellule immunitarie di donne allo stadio iniziale di cancro al seno, prima della chemio e di altre terapie (Bower et al., 2020). Le pazienti hanno completato due questionari, uno sui maltrattamenti nell’infanzia e un altro che misura la sintomatologia depressiva. Dal loro sangue sono stati estratti i monociti per l’analisi dell’espressione genica. I risultati sono i seguenti: il 35% delle pazienti ha una storia di maltrattamenti nell’infanzia, tra cui anche abusi sessuali; c’è una relazione stretta tra le avversità infantili e infiammazione misurabile con l’attività di NF-kB, che sappiamo essere il fattore di trascrizione nucleare che attiva centinaia di geni, in larga misura connessi al sistema immunitario. La sovra-espressione di NF-kB era incrementata dalla concomitante depressione che andava ad aumentare gli effetti epigenetici negativi delle avversità nelle prime fasi della vita, come sappiamo anche da studi precedenti.

Insomma, anche se attendiamo maggiori evidenze epidemiologiche e sperimentali per dire una parola conclusiva sulla relazione tra stress, malessere psicologico e insorgenza del cancro, crediamo che i dati esistenti, che abbiamo sinteticamente richiamato, supportino l’idea che, tra i fattori che concorrono alla genesi della malattia oncologica, la sofferenza psichica strutturata nel tempo abbia un posto che non è possibile trascurare se si vuole abbattere la curva di crescita del cancro.

 

SECONDA PARTE

Stress ed evoluzione del cancro, lo stato delle evidenze

Le evidenze sulla relazione tra stress, depressione, isolamento sociale e progressione del cancro sono ancora piu robuste di quelle esaminate precedentemente.

Alcune meta-analisi, infatti, hanno stabilito che la depressione (Satin et al., 2009) e l’isolamento sociale (Bower et al., 2018) peggiorano la malattia oncologica sia sotto il profilo della qualità della vita sia anche in termini di sopravvivenza dei malati di cancro. La ricerca epigenetica ha confortato queste evidenze epidemiologiche. Il gruppo di Steve Cole, direttore del Laboratorio di genomica sociale dell’Università della California Campus di Los Angeles, ha studiato il profilo immunitario di pazienti con cancro al seno in relazione al loro livello di isolamento sociale.

I reperti oncologici delle pazienti con alto livello di isolamento sociale mostrano una sistematica sovraregolazione, nei macrofagi, dei geni che promuovono le metastasi. Al tempo stesso, e evidente l’aumento dei vasi linfatici nel tumore e nel microambiente del tessuto interessato, un fenomeno che favorisce la diffusione delle metastasi (Bower et al., 2018). Questi dati sono stati confermati successivamente in pazienti con cancro ovarico (Lutgendorf et al., 2020).

Tuttavia, crediamo che la migliore conferma sul ruolo dello stress psichico nella progressione della malattia oncologica si abbia dagli studi che si sono posti l’obiettivo di verificare l’efficacia della gestione della sofferenza psichica sulla qualità della vita e sulla sopravvivenza dei malati di cancro.

Un pioniere di queste ricerche è David Spiegel, psichiatra della Stanford University, leader internazionale del trattamento integrato del cancro, che, in una rassegna sull’argomento pubblicata da ‘Nature Reviews Cancer’traccia le linee guida dell’intervento (Spiegel, 2002).

Innanzitutto è importante il gruppo, che funge da costruttore di solidarietà, da luogo sicuro dove esprimere le proprie emozioni, ridurre l’ansia e ricevere un aiuto, sia dagli operatori sia dagli altri membri. In secondo luogo, il gruppo deve essere omogeneo, e cioè composto da persone con la stessa malattia, allo stesso stadio di evoluzione. Alcuni studi che hanno dato esito negativo, infatti, hanno messo insieme persone con problemi molto diversi tra loro. Inoltre, e fondamentale abbinare la percezione esatta della malattia, tramite una corretta e soddisfacente informazione scientifica, all’apprendimento di tecniche di gestione dello stress. D. Spiegel e i suoi collaboratori insegnano ai pazienti tecniche di autoipnosi e di rilassamento, che consentono una riduzione dello stress, la qual cosa permette anche una maggiore disponibilità a cambiare abitudini che possono influire sull’andamento della malattia, come il sonno, l’alimentazione e l’attivita fisica (Villalón, 2023a; Villalón, 2023b).

Lo studio di Barbara L. Andersen (Andersen et al., 2008) è in linea con questi criteri; 227 persone operate per cancro al seno, prima di iniziare chemio, radio e le altre terapie previste, sono state divise casualmente in due gruppi: uno di controllo medico e l’altro di controllo medico con in aggiunta la partecipazione a un programma di gestione dello stress, realizzato in piccoli gruppi (8-12 persone a gruppo) e condotto da due psicologi. Il programma ha previsto una seduta a settimana di un’ora e mezza per i primi 4 mesi e poi una seduta mensile per i successivi 8 mesi. In totale, 26 sedute per 39 ore di lavoro. In ogni seduta venivano praticate tecniche di rilassamento profondo e venivano discusse strategie di soluzione dei problemi, sia di natura psicologica sia di natura pratica (dolore, fatica). Gli operatori hanno dato molto peso al cambiamento degli stili di vita delle persone, sollecitando l’inserimento nella quotidianità dell’attività fisica, della buona alimentazione, dell’uso delle tecniche antistress. La verifica e stata fatta a distanza di 11 anni dall’inizio della malattia. I risultati sono chiari: le persone che avevano frequentato il programma di gestione dello stress hanno avuto una minore frequenza di recidive e una maggiore sopravvivenza rispetto al gruppo che aveva fatto solo i classici controlli medici. Piu dell’80% delle persone del gruppo che aveva imparato a gestire lo stress non era morto di tumore, contro il 60% dell’altro gruppo.

Un altro studio randomizzato controllato del gruppo di Michael H. Antony dell’Università di Miami (Stagl et al., 2015) ha replicato questi risultati positivi sulla sopravvivenza usando modalità di intervento piu brevi e specifiche. Gli psichiatri dell’Università statunitense hanno utilizzato nel gruppo in trattamento (120 donne con cancro al seno non metastatico) 10 sedute, 1 volta a settimana, di un programma di gestione dello stress basato sull’approccio cognitivo-comportamentale (cognitive-behavioral stress management, CBSM). A un controllo a 11 anni di distanza, il gruppo che ha ricevuto il trattamento aveva minori sintomi depressivi,un maggior benessere fisico e anche una ridotta mortalità per la recidiva da cancro.

≪E notevole≫ commentano gli autori dello studio ≪che si siano ottenuti gli stessi risultati dello studio di Andersen, ma in piu breve

tempo.≫ Il ruolo della depressione nell’incidere sulla sopravvivenza era stato precedentemente individuato ancora dal gruppo di Spiegel che dimostrò che le pazienti con cancro al seno metastatico che erano riuscite a tenere a bada la depressione hanno avuto una media di sopravvivenza di 53,6 mesi a fronte della media di 25,1 mesi in chi invece aveva addirittura incrementato la sintomatologia depressiva. Un guadagno di aspettativa di vita, in un brutto tumore, di circa 2,5 anni (Giese-Davis et al., 2011).

Infine, un’imponente meta-analisi, che ha int ressato circa 280.000 pazienti con cancro al seno, ha documentato che la depressione e l’ansia incrementano la mortalità sia per cancro che per tutte le cause (Wang et al., 2020).

Insomma, i dati sembrano chiari: la sofferenza psichica conseguente a una diagnosi di cancro, se non viene adeguatamente trattata peggiora la prognosi. Purtroppo sono la grande maggioranza le persone con cancro che non ricevono un adeguato e competente aiuto psicologico ma, al massimo, ansiolitici e antidepressivi, la cui efficacia, in questi casi, e davvero irrilevante a fronte di effetti negativi sul cervello (deficit cognitivi) e sul sistema immunitario (Brandt y Leong, 2017), con addirittura un aumento del rischio di cancro (Peng et al., 2020).

 Infine, ricerche recenti lanciano l’allarme sul ruolo della serotonina nella promozione del cancro, sia perché disorganizza la risposta anticancro centrata su macrofagi (del tipo M1) e linfociti del circuito di primo tipo, sia perché sembra che abbia un’azione diretta sulla cellula tumorale bloccandone l’apoptosi e quindi promuovendone la proliferazione (Karmakar y Lal, 2021). È opportuno ricordare che i farmaci antidepressivi più usati sono proprio i potenziatori della disponibilità di serotonina, che quindi, in corso di malattia oncologica, sulla base di queste evidenze, andrebbero evitati a favore di psicoterapia, meditazione nelle varie forme, tra cui Qi Gong e Tai Chi, senza dimenticare quel potente antidepressivo naturale che è rappresentato dall’ attività fisica.

 

Bibliografía

 

 

 

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[1] Questo scritto riprende i temi principali della relazione che il prof. Francesco Bottaccioli, keynotespeaker, ha svolto al II Congresso mondiale di Medicina integrata e Salute, Roma settembre 2023.


 

 

 

  

 

Originalidad:

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Cesión de derechos:

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Contribución de los autores:

Los autores han elaborado y participado en cada una de las etapas del manuscrito, se hace públicamente responsable de su contenido y aprueba esta versión final.


 

Fecha de Recepción: 2024-02-22 Aceptado: 2024-05-04

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