Eleonora Gallitelli: “Tiny Tim en la gran pantalla...”
fuoco, mentre il padre gli dice: “Well, my little clock sparrow, here’s your own stool by
the fire all ready for you”. Tim si siede ed esclama: “There’s such a goose, Martha … and
pudding, oh the pudding!” E quando sua madre si mostra preoccupata per la quantità della
farina, Tim aggiunge raggiante: “It’ll be the finest pudding in the whole of London this
Christmas, and the goose will be the finest goose”. Gli fa eco Martha, abbracciandolo:
“And ours will be the finest Christmas”.
Nella scena successiva, a tavola, la famiglia brinda con “the best gin punch”.
Anche in questo caso Tim interviene nella conversazione con commenti animati. L’ultima
scena è un primo piano del bambino che scandisce con chiarezza le parole “God bless us,
every one”, beve il suo punch e sorride. Quando però Crutchit propone un brindisi a
Scrooge, anche lui, come il resto della famiglia, protesta indignato e porta il bicchiere alla
bocca per ultimo, aggrottando le sopracciglia.
Questa sequenza non sembra intaccata dalle tre dimensioni del “disability
sterotype” individuate da Norden: il bambino non è passivo, ma vivace, non è pio e
benevolo con tutti, ma si acciglia all’udire il nome di Scrooge, non è solo visto da una
prospettiva esterna, oggettificato, ma partecipa all’azione. Inoltre, in questa versione, non
canta. Nel tempo futuro, in casa Cratchit la scena si apre su Master Peter, il fratello
maggiore, che legge un passo della Bibbia con le note di Silent Night in sottofondo.
Cratchit torna a casa e si dice “content” per aver trovato un luogo in cui seppellire Tiny
Tim, al che tutta la famiglia si commuove, e si commuove anche Scrooge che li osserva.
A cambiare significativamente in questa versione rispetto al testo di Dickens è il
finale. Quando in casa Cratchit arriva il grande tacchino, è Tiny Tim a indovinare il nome
del benefattore: “I think I know who sent it.” I fratelli, con l’ingombrante tacchino in
mano, rispondono in coro: “Who?” “Mr Scrooge!” Sua madre non ne è affatto convinta.
Nell’ultima scena del film, mentre la voice over del narratore recita l’epilogo, Tiny Tim
corre verso “Uncle Scrooge” e, saltellando, lo prende per mano sulle note di Silent Night.
Se la riabilitazione finale del piccolo Tim accomuna questo film a quelli analizzati da
Norden, replicando il cliché del “return to able-bodiedness” (193), non appare tuttavia
fuori luogo, in quanto in questa versione il bambino era caratterizzato da allegria e gioia
di vivere anche da infermo, e proprio questa sua trascinante vitalità sembra aver attivato
in Scrooge il conatus necessario per la futura trasformazione.
3.2. Tiny Tim in Leyenda de Navidad (1947)
Leyenda de Navidad è uno dei pochissimi adattamenti di A Christmas Carol
prodotti fuori dall’America e dal Regno Unito. Per molti anni si pensava perduto, ma Fred
Guida dichiara di averne ritrovato una copia durante le sue ricerche per A Christmas Carol
and its Adaptations. Guida sostiene che non si tratti di un “absolute masterpiece”, ma
comunque di una “excellent adaptation that is filled with many delightful surprises” (A
Christmas Carol 99).
Scritto e diretto da Manuel Tamayo, di cui costituisce l’opera prima da regista,
contiene, nel giudizio di Guida, molti interessanti elementi creativi (l’avaro protagonista
della storia, per esempio, qui prende il nome di William Scrooge Vanquero). Sembra che
Guida sia riuscito a reperire l’ultima copia della pellicola, “a lone 16mm print […] worn
and faded” (A Christmas Carol 99), oggi non disponibile per la visione.
La trama è molto fedele allo spirito e al nucleo del testo originale, anche se
Tamayo si prende diverse libertà. La storia, ambientata nella Londra di Dickens, si apre
nell’ufficio di Scrooge e Marley, qui frequentato da vari dipendenti oltre a Cratchit, che