Revista de Culturas y Literaturas Comparadas, volumen 13 - diciembre 2022
ISSN: 2591-3883
Eliot e Dante: una prospettiva modernista
Vita Fortunati
vita.fortunati@unibo.it
Università di Bologna, Italia
Resumen
En este trabajo analizo el extraordinario encuentro entre dos grandes maestros de la poesía,
Dante y T.S. Eliot. Busco destacar cuán importante fue la poesía de Dante, no solo para la
propia poética de Eliot, sino también para su hacer artístico. Me enfocaré en cuatro puntos:
1. Dentro de la poética de Eliot, Dante representa el gran modelo del poeta clásico, capaz de
combinar ética, estética, poesía y filosofía.
2. Por la razón antes mencionada, Dante es un modelo que ejemplifica las teorías de Eliot de
“la impersonalidad del poeta” y “el correlato objetivo”.
3. Para Eliot, como poeta modernista, la revolución lingüística de Dante y las características
del lenguaje dantesco representan un modelo a imitar.
4. Las variadas estrategias literarias para imitar a Dante y los personajes de su obra
reaparecen en las propias obras de Eliot.
Palabras claves: Eliot- Dante- poesía.
Eliot and Dante: A Modernist Perspective
Abstract
In this contribution, I analyze the outstanding encounter of two great masters of poetry, Dante
and TS Eliot. I shall attempt to highlight how important Dante’s poetry was, not merely for
Eliot’s own poetics, but also for his art making. I shall focus on four issues:
1. Within Eliot’s poetics, Dante represents the great model of classic poet, capable of
blending ethics and aesthetics, poetry, and philosophy.
2. For the above reason, Dante would become a model exemplifying Eliot’s theory on “the
impersonality of the poet” and on the objective correlative.
3. For Eliot, as a modernist poet, Dante’s linguistic revolution and the features of dantesque
language represented a model to imitate.
4. Eliot uses various literary strategies to imitate Dante, and the characters portrayed in
Dante’s work reappear in Eliot’s own works.
Keywords: Eliot- Dante- poetry.
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V. Fortunati “Eliot e Dante: una prospettiva modernista
In questo mio intervento sullo straordinario incontro di due grandi maestri della
poesia, Dante e Eliot, cercherò di chiarire quanto sia stata importante la poesia di Dante, non
solo per la “poetica” di Eliot, ma anche per il suo stesso “fare artistico”. Mi concentrerò su
quattro punti:
1) Dante nella poetica di Eliot rappresenta il grande modello di poeta “classico” che
ha saputo coniugare etica ed estetica, poesia e filosofia.
2) Dante divente per questo un modello per esemplificare le teorie eliotiane
sull’impersonalità dell’artista e sul correlativo oggettivo
3) La rivoluzione linguistica di Dante e le caratteristiche del linguaggio dantesco
rappresentano per l’Eliot modernista un esempio da imitare.
4) Le varie strategie letterarie che Eliot usa per imitare Dante e le figure del mondo
dantesco che ritornano nelle opere di Eliot.
L’incontro di Eliot con Dante fu riconosciuto da un altro grande poeta modernista,
Ezra Pound, che molto acutamente disse che Dante era la musa che presiedeva la grande
rivoluzione modernista della poesia. Ezra Pound, infatti, definì, pochi mesi dopo la morte di
Eliot, la sua poesia come l’unica grande “voce dantesca” del mondo moderno.
L’affermazione di Pound può a prima vista sembrare paradossale, come può, infatti, un poeta
come Dante vissuto in un contesto storico-filosofico così differente da quello del modernista
Eliot, fornire modelli etici ed estetici?
Questo era lo stesso interrogativo che si poneva anche un altro grande poeta italiano
Eugenio Montale parlando dell’importanza di Dante nella poesia moderna contemporanea.
Esempio massimo di oggettivismo e razionalismo poetico egli (Dante) resta estraneo
ai nostri tempi, a una civiltà soggettivistica e fondamentalmente irrazionale, perché pone i
suoi significati nei fatti e non nelle idee. Ed è proprio la ragione dei fatti che oggi ci sfugge.
Poeta concentrico, Dante non può fornire modelli ad un mondo che si allontana
profondamente dal centro e si dichiara in perenne espansione.
1- Come primo punto cercheremo di capire il significato che Dante ha avuto per Eliot
che viveva in un’epoca dove tutto era fluido, frammentario, tutti i valori e le credenze erano
stati capovolti, in altre parole, il quel “mondo” che fa da sfondo a The Waste Land (1922). Si
potrebbe credere che l’incontro di Eliot con Dante sia avvenuto dopo la sua conversione al
cattolicesimo, ma non è così. Le numerose testimonianze dello stesso poeta ci rivelano che
Eliot cominciò a leggere Dante già dal 1910, giovanissimo, all’età di 22 anni. Durante gli
anni universitari Eliot ebbe modo di venire a contatto con la tradizione anglosassone degli
studi danteschi (Henry Wadsworth Longfellow, James Russell Lowell, Charles Eliot Norton
e in particolare Charles Grandgent): una tradizione che lo portò a studiare e a conoscere non
solo la Divina Commedia, ma anche la Vita nuova e la poesia degli Stilnovisti. Eliot non
conosceva bene l’italiano e leggeva Dante con una traduzione in prosa vicino al testo come
lui stesso dichiara nei suoi saggi su Dante. Eliot, come già altri grandi poeti romantici,
considera Dante un poeta della modernità, perché ha tentato di operare una grande
rivoluzione all’interno del linguaggio poetico. Per Eliot, infatti, la rivoluzione dantesca
consiste nel tentativo di ritornare al “common speech” a quella che Dante chiamava “lingua
volgare”. “Every revolution in Poetry is up to be, and sometimes to announce itself to be a
return to common speech, or what Dante called Lingua Volgare(Eliot, The Music of Poetry
319). Anche la rivoluzione poetica che Eliot si sforzava di operare era la ricerca sistematica
di un idioma colloquiale che sapesse esprimere la frammentarietà e simultaneità del mondo
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moderno. Dante è, quindi, poeta moderno proprio perché attraverso questo suo ideale
linguistico, è riuscito a rappresentare non solo le contingenze della vita, ma anche l’aspetto
sovrannaturale e trascendentale. Per Eliot Dante è un grande poeta, perché la sua poesia è
stata capace di esprimere, di rappresentare le varie gamme delle emozioni umane e, al tempo
stesso, raffigurare visivamente la realtà soprannaturale. A chi, infatti, rimproverava a Dante
di essere soprattutto il poeta che aveva descritto gli aspetti orridi e sordidi della realtà, Eliot
rispondeva dicendo che Dante, solo attraverso questo tipo di conoscenza, questa via negativa
riesce a contemplare la bellezza. “The contemplation of the horrid or sordid or disgusting, by
an artist, is the necessary and negative aspect of the impulse toward the pursuit of beauty
(Eliot, “Dante” 169).
Queste riflessioni compaiono nei saggi che Eliot scrisse su Dante il primo è Dante del
1920, il secondo What Dante means to me del 1950 e anche negli innumerevoli rimandi a
Dante che Eliot fa quando parla di Shakespeare, di Milton e di Blake. Dopo la pubblicazione
di The Waste Land nel 1922, Eliot ritornò a studiare molto intensamente Dante, come appare
evidente dalle “Clark Lectures” conferenze tenute nel 1926 al Trinity College e nel suo
secondo saggio su Dante del 1929. Da questi saggi in cui vi è una analisi molto approfondita
della poesia di Dante, nascono le due fondamentali composizioni di Eliot dopo la conversione
Ash Wednesday (1930) e The Four Quartets(1945). The Clark Lectures, sono centrali per
comprendere la fase più matura dell'approccio eliotiano a Dante: queste conferenze non
furono pubblicate, solo la prima fu pubblicata e apparve in una rivista francese con il titolo
emblematico Deux attitudes mistique: Dante et Donne, 1927. In questo saggio Dante viene
considerato il poeta metafisico per eccellenza, perché capace di fondere “Sense with
thought”(il pensiero con il senso) e di capire come il pensiero o una affermazione intellettuale
si traduca in una “forma sensibile”. Eliot cerca anche di studiare differenti modi con cui il
pensiero si traduce in poesia. Eliot ha definito questo tipo di processo “The word made flesh”
(l’incarnazione della parola): termine che emblematicamente riporta alla sua conversione
religiosa e al suo interesse per la parola, come apparirà evidente di a poco nella
composizione poetica Ash Wednesday.
Dicevo all’inizio che per Eliot, Dante è un classico perché è uno dei pochi poeti che
ha saputo fondere la sua concezione filosofico-religiosa con quella estetica, ha trattato cioè
la filosofia come una visione poetica. Ed è per questo che Eliot rivaluta l’allegoria dantesca,
definendola un’immagine chiara e visiva”. Il linguaggio e le cose nella poesia di Dante sono
intimamente congiunti, leggendo la poesia di Dante si assiste al mistero del linguaggio nel
suo rapporto con la realtà e si comprende come in questo consista la sua forza. Per Eliot,
come anche per Pound, (“The Spirit of Romance” 1910, il saggio che tanto influenzò Eliot,
perché lo spronò a ristudiare la poesia degli stilnovisti ed in particolare quella del provenzale
Arnault Daniel), Dante è il grande artigiano della parola che sa usarla con economia, con
grande austerità, usando metafore e similitudini, per rendere ciò che è trascendentale, visibile.
Dante è poeta moderno proprio perché la sua immaginazione visiva, è una immaginazione,
come diceva Auerbach, che traeva il suo humus dal mondo terreno. La lingua di Dante è
infatti sempre precisa, lucida”, translucida ed evocativa. Il pensiero può essere oscuro,
difficile, ma la sua parola possiede sempre queste qualità. Il lettore, quindi, è sempre catturato
dall’immagine visiva di Dante, e arriva al contenuto, al significato, proprio attraverso il
processo di associazioni indefinite e suggestive che le immagini creano.
V. Fortunati “Eliot e Dante: una prospettiva modernista
Il grande insegnamento che Eliot riceve da Dante passa non solo attraverso il
linguaggio, ma anche attraverso il valore che Eliot attribuisce alla tradizione letteraria. Nelle
pagine che Eliot ha scritto su Dante e sulla tradizione letteraria vi è questa idea feconda che
la letteratura si può rinnovare solo attraverso il contatto con altre letterature. In questo senso,
Dante agisce, come vedremo, su Eliot come elemento rivitalizzante. La profonda
intertestualità che l’opera di Eliot ha con la Divina Commedia dantesca non si traduce mai in
una piatta e mera imitazione o citazione, ma è sempre una revisione e ricreazione del testo
dantesco.
2- Eliot si serve di Dante per esemplificare le sue due importanti teorie sull’
“impersonalità dell’artista” nella creazione poetica e quella del “correlativo oggettivo”.
Partirei da due citazioni di Eliot:
“Nessun artista produce grande arte se si accinge deliberatamente a esprimere la
propria personalità. Egli esprime la propria personalità indirettamente, se si concentra nel suo
compito, come chi è intento a fabbricare una macchina efficiente o a tornire un’anfora o la
gamba di un tavolo” (Eliot, Quattro drammaturghi elisabettiani, 1924).
Il grande poeta non dovrebbe soltanto percepire e distinguere più chiaramente degli altri
uomini i colori o i suoni nell’ambito della normale visione o dell’ascolto; dovrebbe
percepire le vibrazioni al di della portata degli uomini comuni, ed essere capace di farli
vedere o sentire, alla fine, più di quanto avessero mai potuto vedere o sentire senza il suo
aiuto. (T.S Eliot, Cosa significa Dante per me, 1950).
In molti saggi Eliot tratta del particolare rapporto che il poeta stabilisce con la realtà
e del legame tutto particolare tra la sua esperienza e la lingua, tra la sua visione e le parole.
Il vero poeta per Eliot si deve liberare dalle incrostazioni alienanti delle regole sociali che
rendono gli “uomini impagliati” (The stuffed men)
Il vero poeta deve liberarsi dalle regole sociali che gli impediscono di confrontarsi
direttamente con il flusso della realtà. Come Eliot stesso afferma nel saggio intitolato
Tradition and individual Talent del 1919, l’artista deve sottoporsi ad un continuo auto-
sacrificio, ad una continua estinzione della personalità. In questo processo di
spersonalizzazione per Eliot l'arte si avvicina alla scienza “il poeta come medium può essere
paragonato ad un catalizzatore in cui avviene una reazione chimica”.
In una lettera a Stephen Spender Eliot spiega i tre momenti attraverso i quali si genera
l’atto critico, tale passo si può confrontare con un passo del canto XXIV del Purgatorio,
quando Dante descrive a Bonagiunta il suo modo di fare poesia. Le strofe di Dante suonano
così “I’ mi son un che, quando/Amor m’ispira, noto, e a quel modo/ch’è ditta dentro vo
significando/” Purgatorio XXIV v.51-52.
Il primo momento è caratterizzato sia in Eliot che in Dante dall’abbandono, il poeta
deve abbandonarsi (to surrender) deve patire nel senso latino del termine, deve cioè soffrire,
accettare le cose, le creature. L’uomo conosce stesso solo attraverso la conoscenza del
mondo e degli altri. Sappiamo che per Eliot accettare la realtà è un ardimento terribile,
“poiché il genere umano non può sopportare troppa realtà” (Burt Norton, da The Four
Quartets)
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L’uomo comune “Prufrock”, figura centrale della poesia di Eliot, è l’uomo che con la
sua accidia decide di non vedere, è privo di vista, è distratto. La sua indecisione è espressa
dalle domande che si ripetono all’infinito.
Nella seconda fase l’intelletto recupera ciò che l’occhio o l’orecchio hanno percepito
e cerca un significato a quello che i sensi gli hanno presentato. Il poeta deve andare al di
dell’apparenza delle cose, muoversi in profondità, guardare sotto l’involucro. Operando in
questa seconda fase, il poeta si rende conto dell’abisso che separa la modernità dall’epoca di
Dante, poiché la caratteristica della modernità è insita, secondo Eliot, nella dissociazione
della sensibilità, (“The dissociation of sensibility”, termine che Eliot trovò in un saggio di
Remy de Gourmont su Laforgue) nel divario che separa l’intelletto dai sensi.)
Eliot si ribella a questo dualismo e, rifacendosi a Dante, tenta di superarlo cercando
proprio di amalgamare i frammenti del mondo moderno attraverso l’utilizzo del “metodo
mitico” -quello che Eliot definì recensendo nel 1923 Ulysses di Joyce nella rivista The Dial
- che doveva dare ordine al caos: un metodo che sottende il suo desiderio di mettere ordine,
di amalgamare gli oggetti nella nuova unità che è la poesia. Per Eliot la Divina Commedia è
un tipo di poesia metafisica, perché Dante, come i poeti metafisici tentava di trovare nella
sua poesia l’equivalente verbale per gli stati della mente e del sentimento. Nella poesia di
Dante come in quella dei poeti metafisici, il lettore avverte una “diretta sensuale percezione
del pensiero, o una ricreazione del pensiero nel sentimento” Nella terza fase, che è quella
propria della creazione poetica, il poeta cerca di tradurre in parole ciò che ha percepito. Ed è
proprio in questa fase che prende forma “l’impersonalità dell’arte”: nella creazione poetica
Dante userà il metodo dell’allegoria e Eliot il correlativo oggettivo per esprimere ciò che i
due poeti hanno percepito. L’allegoria e il correlativo oggettivo diventano il mezzo per
tradurre un’idea o una emozione in chiare immagini visive. E’ un mezzo per distaccarsi dalle
emozioni, per visualizzarle e oggettivarle.
Ed è attraverso il confronto che Eliot stabilisce tra Dante e Shakespeare tra Dante e
Blake che si comprende il significato che Eliot attribuiva a Dante come grande poeta che era
riuscito a coniugare il suo credo politico e religioso con la sua alta concezione estetica della
poesia. Dante è infatti il poeta che meglio esemplifica il concetto di “ordine”, di forma, così
importanti nella poetica eliotiana, un ordine non solo morale, ma anche estetico, perché per
Eliot ordine vuole dire forma e struttura poetica. Dante è un classico proprio perché la sua
poesia riflette il suo ordine morale e spirituale, ne è la diretta conseguenza. “But Dante’s is
the most comprehensive, and the most ordered presentation of emotions that has ever been
made” (Eliot, “Dante” 168).
I saggi di Eliot su Dante che sono stati ovviamente da alcuni dantisti criticati, perché
a volte troppo impregnati della posizione ideologica eliotiana, appaiono però, a nostro avviso
estremamente interessanti, perché da un lato anticipano certe posizioni della critica dantesca
anglosassone, come per esempio la posizione di C. Singleton e dall’altro chiariscono molto
bene l’utilizzo che Eliot farà della poesia dantesca nella sua opera poetica. Innanzi tutto, Eliot,
sottolineando l’unione di etica e di estetica in Dante, voleva confutare l’opinione di Paul
Valéry che non era possibile in epoca moderna, scrivere una poesia filosofica. In un certo
senso l’opera poetica di Eliot può essere vista come il tentativo modernista di ripercorrere il
grande schema della commedia dantesco: The Waste Land sarebbe l’Inferno, Ash-Wednesday,
il Purgatorio e Four Quartets il Paradiso.
V. Fortunati “Eliot e Dante: una prospettiva modernista
3-4 Il debito di Eliot nei confronti di Dante si realizza attraverso molte strategie
letterarie che vanno dall’imitazione, alla parodia, dalla citazione all’allusione. Alessandro
Serpieri nei suoi studi seminali su Eliot ha giustamente rilevato, soprattutto a proposito di
The Waste Land, come l'intera struttura di questo poemetto si basi sulla intertestualità.
Dante occupa una posizione di primo piano tra i grandi classici che Eliot rivisita e
riscrive non solo in The Waste Land, ma nella sua intera produzione poetica. È stato detto,
riferendosi alla seconda sezione della seconda parte di Little Gidding in The Four Quartets
che il fantasma che la voce poetica incontra e con cui stabilisce una conversazione si può
identificare con Dante. Dante ha, quindi, per Eliot, la funzione che Virgilio e, in seguito
Beatrice, hanno avuto per Dante, di padre e di maestro. Nella conferenza del 1950 What
Dante means to me, Eliot affermava a proposito di Little Gidding “Venti anni dopo aver
scritto la Terra desolata, ho scritto, in Little Gidding, un brano che voleva esser il più vicino
possibile ad un Canto dell’Inferno e del Purgatorio, sia per lo stile, sia per il contenuto.
L’intenzione, naturalmente, era la stessa dei riferimenti a Dante nella Terra desolata: offrire
alla mente del lettore un parallelo per contrasto tra l’Inferno e il Purgatorio visitati da Dante
e lo spettacolo allucinante che segue un attacco aereo. Ma il metodo è diverso: in questo caso
non potevo citare o adattare per esteso- ho usato e adattato liberamente solo poche frasi-
perché stavo imitando. Il mio problema è stato riuscire a rendere il ritmo della terza rima
senza usare le rime”. Questo brano è estremamente importante per capire l’utilizzo che Eliot
fa della poesia dantesca. Gli echi, le reminiscenze, le allusioni dantesche, che sono
numerosissime nell’opera di T. S. Eliot, rappresentano una vera e propria realtà dantesca,
rivissuta, reinterpretata e riplasmata in un mondo che è però quello di Eliot e non più di Dante.
Con ciò non si vuole dire che Eliot presenti Dante nei termini della realtà e della sensibilità
moderna, quanto piuttosto che è il mondo moderno popolato dagli uomini “vuoti” ad essere
capito e investigato per mezzo di segni, simboli e strumenti danteschi. Nell'impiegare questi
segni e questi simboli Eliot usa il suo “talento individuale”, la propria facoltà creativa ed
inventiva. Ed è proprio così che realizza stesso come poeta moderno, con un destino
profondamente diverso da quello di Dante, ma come Dante sostenuto dalla medesima
speranza di salvezza cristiana.
Moltissimi sono i riferimenti danteschi nell’opera eliotiana, ne citerò solo alcuni che
mi sono sembrati esemplari. In The Waste Land Eliot si rifà all’episodio del conte Ugolino e
vuole riprodurre la condizione tragica nell’isolamento di una prigione: “ed io sentì chiavar
l’uscio di sotto/all’orribil torre” (Inferno, Canto XXX111vv44-45) e in The Waste Land
v.411: “And I have heard the key turn in the door, once and turn once only, we think of the
key, each in his prison, thinking of the key”. Un altro esempio di citazione diretta lo si trova
sempre in The Waste Land quando Eliot cita dal Purgatorio, canto XXVI, il seguente verso
148 “Poi s’ascose nel fuoco che li affina”. È Arnaut Daniel che si rivolge in provenzale a
Dante, ammonendolo contro il peccato della lussuria per il quale egli si sta purificando. E
non è un caso che Eliot ricorra a questa citazione, percanche il trovatore provenzale Arnaut
Daniel rappresenta uno dei tanti maestri di Dante e, quindi, anche di Eliot. Dante, dunque, fa
parte insieme agli altri grandi maestri, Omero, Orazio, Ovidio, Lucano, Lucrezio, Brunetto
Latini della grande tradizione culturale dell’occidente.
Vi sono inoltre alcune figure dantesche che hanno esercitato un profondo fascino su
Eliot, perché emblematiche della condizione umana. Tra queste vorrei ricordare la figura di
Ulisse nel Canto XXVI dell’Inferno, e anche Guido da Montefeltro (Canto XXVII. Il canto
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d’amore di Prufrock inizia con un’epigrafe tratta dal XXVII Canto dell’Inferno. Sono le
parole di Guido da Montefeltro: “s’i’ credesse che mia risposta fosse/ a persona che mai
tornasse al mondo, / questa fiamma staria sanza più scosse; /Ma però che giammai di questo
fondo/ non tornò vivo alcun, si odo il vero, / senza tema di infamia ti rispondo”. Prufrock
condivide con Guido, la stessa paura di esporsi e il bisogno, al tempo stesso, di raccontare la
sua storia. L’unica persona con cui si può confidare “senza tema di infamia” è lui stesso.
Eliot ricrea questa situazione interiorizzando l’incontro tra Guido e Dante, facendo che
Prufrock intraprenda un dialogo della mente con stessa. Ed è così che Eliot riesce a
mantenere una distanza ironica con il suo personaggio, perché, come Dante, si mette nella
posizione dell’osservatore.
Come Dante però Eliot riesce ad incorporare il lettore nel suo poema. Dante apre la
Divina Commedia con questi versi “Nel mezzo del Cammin di nostra Vita/ mi ritrovai per
una selva oscura/ che la diritta via era smarrita”, dove l’aggettivo nostra implica una
partecipazione del lettore in una quest che comincia in medias res. Allo stesso modo Eliot
comincia The Love Song of J.Alfred Prufrock, “Let us go then you and I”, dove l’avverbio
then indica il proseguimento di un’azione precedente: il Tu iniziale funge da invito al lettore
che diventa una delle due personae, che intraprendono la ricerca. L’inferno di Prufrock non
è un luogo, ma diventa uno stato della mente; questo inferno mentale può essere pensato ed
esperimentato solo attraverso la proiezione di una serie di immagini sensoriali.
La similitudine di apertura di “The Love Song of J.Alfred Prufrock”: “Let us go, you
and I,/ when the evening is spread out against the sky/ like a patient etherizes upon a table;”
suggerisce la malattia di Prufrock che è appunto l’accidia, una incapacità di agire, una
incapacità che lo fa anche l'anti-eroe di Ulisse. Prufrock, come Ulisse, intraprende un viaggio,
ma il suo è un viaggio degradato, perché egli ha conosciuto il tedium vitae, l'orrore della
ennui. Prufrock in questo senso è una grottesca e paradossale controfigura di Ulisse. Nella
sua sete di conoscenza, l’Ulisse dantesco si imbarca per oltrepassare le colonne d’Ercole, i
limiti geografici del mondo conosciuto, Prufrock invece si incammina verso la spiaggia che
diventa metafora di un viaggio senza un preciso scopo, verso il vuoto. Prufrock è come gli
altri personaggi eliotiano Phlebas e Gerontion, personaggi che hanno osato e rischiato poco,
che non hanno vissuto la vera passione, ciascuno riflette su azioni passate, non compiute: essi
hanno in comune rimorsi così profondi da trascinarli alla deriva. Gerontion assomiglia a
quegli spiriti nell’inferno che non desiderano essere riconosciuti, perché egli ha avuto una
vita caratterizzata dalla mancanza del desiderio e dal fallimento dell’amore. Egli definisce la
sua vita attraverso negazioni e con immagini di sterilità che suggeriscono paesaggi deserti e
aridi. Gerontion, lo stesso Prufrock e Phlebas, diversamente da Dante che osa intraprendere
questo viaggio, perché, come Virgilio gli assicura, riceverà l’aiuto di Dio, sono soli: il loro
mondo moderno è il loro inferno, in cui rimangono intrappolati senza speranza di ascendere
al purgatorio e giungere al paradiso.
Come ultimo esempio della revisione e ricreazione del testo dantesco, prenderei Little
Gidding, dove nelle 24 terzine senza rima, Eliot racconta l’incontro con un suo maestro e
quanto i due hanno da dire l’uno con l’altro. È stato da più parti detto che Eliot si ispira al
canto di Brunetto Latini (Inferno Canto XV), un altro grande maestro di Dante. È evidente
che i temi della paternità, della tradizione, della lingua e della poesia, temi della “transizione
letteraria” percorrono l’intera opera di Dante e hanno suscitato un profondo fascino su Eliot.
In un saggio molto interessante scritto da Piero Boitani “Siete voi qui? Brunetto, Dante ed
V. Fortunati “Eliot e Dante: una prospettiva modernista
Eliot” del 1999, si mette in evidenza come in Little Gidding, Eliot realizzi una sorta di Divina
Commedia concentrata che passa dall’Inferno al Purgatorio ed infine al Paradiso. Per
affermare questo Piero Boitani studia gli appunti che Eliot scrisse per Little Gidding che sono
conservati al Magdalen College di Cambridge, dove emerge anche quanto fondamentale sia
stata la lettura dell’edizione della Divina Commedia dei Temple Classics che tra il 1899 e il
1911 offrono al pubblico inglese l’intera opera dantesca. I tre volumi della Divina Commedia
sono molto piccoli, dei tascabili, con traduzioni in prosa e con testo a fronte ed ogni canto è
preceduto da un “argument”, un riassunto commentato, seguito da note di carattere storico
sui personaggi che compaiono nel canto. Questi riassunti costituiscono per Eliot una sorta di
impalcatura, di schema su cui costruire il suo poema. Dagli appunti si deduce come in Little
Gidding, Eliot riprende i principali simboli del poema dantesco, per esempio il fuoco che non
è solo fuoco che consuma i dannati, ma anche fuoco purgatoriale per diventare nell’empireo
insieme alla rosa simbolo del paradiso e della redenzione. Infernale è, infatti, l’immagine che
in Little Gidding come in The Waste Land, Eliot dà della città moderna. Una città come nel
caso di Little Gidding sotto un attacco aereo, invasa dal fuoco delle bombe, dal fumo, avvolta
dalle foglie morte che crepitano con “rumor di metallo”. Questa concentrazione di temi e di
simboli dell’intera opera dantesca, la si può vedere anche nella ripresa del tema dell’incontro
con il maestro. Se è vero, infatti, come giustamente ha detto la critica, che l'idea deriva dal
Canto XV dell’Inferno, dall’episodio dell’incontro con Brunetto Latini, è però anche vero,
che questa è una figura concepita come una stratificazione di molti personaggi portatori di
significati differenti. Si parla, infatti, di un maestro morto che è al tempo stesso uno e molti,
uno spettro familiare, composito. Questa figura del maestro è una immagine visiva
dell’importante concetto di tradizione come la intende Eliot, secondo il quale questa figura
non la si può identificare con un unico personaggio, ma con tutti i grandi poeti che l’hanno
preceduto. Eliot incontra un uomo che cammina, ma il suo aspetto ha qualcosa di inquieto e
di perturbante, perché l’accettazione del passato e della tradizione letteraria è sempre una
accettazione che comporta una resa ed una ricreazione. Anche se Eliot non condivide con
Bloom l’idea di una tradizione come “angoscia dell’influenza” anche per Eliot, comunque,
la tradizione costituisce una presenza con cui il poeta deve continuamente confrontarsi. Se,
infatti, da un lato per il poeta la tradizione costituisce una sorta di sfondo su cui vengono
puntellate le rovine e i frammenti del mondo moderno, dall’altro il poeta modernista non può
non sentire la precarietà della sua condizione e la difficoltà di trovare una voce originale.
Queste terzine, che rappresentarono per Eliot una fatica immane per la loro resa,
costituiscono, inoltre, una delle parti più riuscite dell’intera opera poetica di Eliot, perché, a
mio avviso, Eliot riesce non solo a riprodurre nei suoi versi quella presa sul concreto, insieme
realistico ed evocativo, tipica del linguaggio dantesco, ma anche a reinterpretare il messaggio
di Dante in chiave ironica e modernista. La profezia che Brunetto anticipa a Dante è anche il
senso di tutto il suo viaggio e cioè quella del glorioso destino di Dante, il fantasma di Eliot,
invece, offre, come ironico contrappunto, di rivelare “per coronare gli sforzi di tutta la sua
vita i doni “riservati alla vecchiaia”. Così, al posto di un glorioso destino abbiamo in Eliot la
vergogna dei motivi di un tempo svelato, perché i doni riservati alla vecchiaia sono ben amari.
The Four Quartets rappresentano, in questo senso, il più sostenuto omaggio a Dante.
È molto significativo che Eliot riprenda le scene di agnizione della Divina Commedia per
confrontarsi con il problema del tempo e dell’eternità. Come Dante ci ricorda nell’Inferno, è
stato Brunetto ad insegnargli come “l’uomo s’etterna”, come l’uomo diventi immortale
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attraverso la tradizione del passato e soprattutto attraverso la sua opera che la rivitalizza nel
presente.
Un altro tema che fa emergere il processo di ricreazione da parte di Eliot del testo
dantesco è il tema dell’amore. L’intera opera eliotiana si potrebbe anche leggere come
l’approfondimento di questo tema: dalle opere giovanili dove l’attenzione non è tanto per
l’amore, bensì per l’unione carnale di corpi, per un sesso pervertito che costituisce uno dei
maggiori malesseri di una umanità frustrata e alienata, si giunge all’amore nelle tre accezioni
del termine Eros, Agape e Charis, dove l’amore umano e divino si completano a vicenda. Nei
suoi saggi su Dante Eliot dice infatti che l’amore di un uomo e di una donna si spiega e
diventa ragionevole solo in rapporto ad un amore più alto. Ed è fondamentale anche il ruolo
che la donna ricopre come intermediaria tra l’umano e il divino. La figura di Beatrice diventa
centrale anche per Eliot, per la rigenerazione dell’umanità, attraverso l’amore inteso come
responsabilità di un Io verso un Tu, come un dare e un darsi all’altro che passa attraverso la
figura della donna. In Ash Wednesday Eliot riconosce la necessità di avere un intermediario,
una donna modellata per molti versi sull’immagine della Beatrice dantesca che può aiutare
l’uomo a trasformare l’amore sensuale in amore sacro, in un amore vero che abbia la capacità
di comprendere l’altro e attraverso l’altro giungere a Dio. In questo senso Dante, che è anche
e soprattutto il poeta dello Stilnuovo, insegna a Eliot “to enlarge the boundary of Human love
to make it a stage in the progress towards the divine”. L’interpretazione di Eliot della Beatrice
di Dante appare nei suoi saggi molto diversa dalla Beatrice idealizzata, presentata dalla
tradizione dei preraffaelliti, perché Beatrice è una donna reale che Dante ha conosciuto in un
periodo significativo della sua vita, la cui bellezza rappresenta anche per Eliot una forma di
accettazione piena della realtà. L’amore per questa donna non implica, come per i
preraffaelliti, il rifiuto della carne, ma afferma, proprio nell’accettazione della carne, che
nella carne, nella “parola incarnata”, è l’amore. La Beatrice di Dante che diventa colei che fa
da intermediaria tra l’umano e il divino è quindi una donna reale. Solo leggendo la Vita Nova
dopo aver letto e capito la Divina Commedia, dove le varietà dell’amore nel bene e nel male
sono ampiamente descritte, si può per Eliot giungere a questa interpretazione di Beatrice.
Si diceva all’inizio che l’incontro di Eliot con Dante rivitalizza il suo pensiero ed il
suo linguaggio, ma, come abbiamo cercato di vedere, vi è una profonda consonanza tra il
pensiero di Dante sulla trascendenza e sul divino e quello di Eliot.
Per quanto concerne l’incontro di Dante con Eliot finirei dicendo che Dante aiutò
Eliot ad essere stesso, a realizzarsi come poeta, un poeta che insieme a Pound è interamente
modernista. Il dantismo e il modernismo eliotiano sono, quindi, due lati inscindibili
dell’opera di colui che Pound definì “il migliore fabbro, la voce veramente dantesca”. Ed è
proprio su questo punto che vorrei terminare questo mio intervento, ri-sottolineando come
proprio l’amore di Dante per “la parola incarnata”, per la forma e per l’ordine costituiscano
per Eliot un modello da imitare.
Per Eliot La Divina Commedia è il testo per eccellenza che obbliga il poeta ad una
esplorazione continua sulla parola, a ricercare parole per esprimere l’indicibile, per catturare
quei sentimenti che la gente comune a fatica comprende, perché non ha parole per esprimerli.
Al tempo stesso la Divina Commedia è per Eliot un testo che evidenzia come Dante abbia
avuto l’audacia non solo di esplorare oltre i confini della conoscenza ordinaria, ma anche sia
stato in grado di ritornare per dire ai suoi simili quello che ha vissuto ed esperimentato. Per
V. Fortunati “Eliot e Dante: una prospettiva modernista
questo il poeta moderno è per Eliot sia Dante che Ulisse, perché vuole percorrere regioni
ancora inesplorate nella mente e nelle possibilità del linguaggio.
Bibliografia
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Bloom, Harold. The Anxiety of Influence: a Theory of Poetry. New York: Oxford University
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Boitani, Piero. Dante e il suo futuro. Roma: Edizione Storia e Letteratura, 2013.
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Pound, Ezra. The Spirit of Romance, London, Dent and Sons,1910.
Recibido: 28/07/2022
Aceptado: 12/10/2022