V. Fortunati “Eliot e Dante: una prospettiva modernista”
Eliot” del 1999, si mette in evidenza come in Little Gidding, Eliot realizzi una sorta di Divina
Commedia concentrata che passa dall’Inferno al Purgatorio ed infine al Paradiso. Per
affermare questo Piero Boitani studia gli appunti che Eliot scrisse per Little Gidding che sono
conservati al Magdalen College di Cambridge, dove emerge anche quanto fondamentale sia
stata la lettura dell’edizione della Divina Commedia dei Temple Classics che tra il 1899 e il
1911 offrono al pubblico inglese l’intera opera dantesca. I tre volumi della Divina Commedia
sono molto piccoli, dei tascabili, con traduzioni in prosa e con testo a fronte ed ogni canto è
preceduto da un “argument”, un riassunto commentato, seguito da note di carattere storico
sui personaggi che compaiono nel canto. Questi riassunti costituiscono per Eliot una sorta di
impalcatura, di schema su cui costruire il suo poema. Dagli appunti si deduce come in Little
Gidding, Eliot riprende i principali simboli del poema dantesco, per esempio il fuoco che non
è solo fuoco che consuma i dannati, ma anche fuoco purgatoriale per diventare nell’empireo
insieme alla rosa simbolo del paradiso e della redenzione. Infernale è, infatti, l’immagine che
in Little Gidding come in The Waste Land, Eliot dà della città moderna. Una città come nel
caso di Little Gidding sotto un attacco aereo, invasa dal fuoco delle bombe, dal fumo, avvolta
dalle foglie morte che crepitano con “rumor di metallo”. Questa concentrazione di temi e di
simboli dell’intera opera dantesca, la si può vedere anche nella ripresa del tema dell’incontro
con il maestro. Se è vero, infatti, come giustamente ha detto la critica, che l'idea deriva dal
Canto XV dell’Inferno, dall’episodio dell’incontro con Brunetto Latini, è però anche vero,
che questa è una figura concepita come una stratificazione di molti personaggi portatori di
significati differenti. Si parla, infatti, di un maestro morto che è al tempo stesso uno e molti,
uno spettro familiare, composito. Questa figura del maestro è una immagine visiva
dell’importante concetto di tradizione come la intende Eliot, secondo il quale questa figura
non la si può identificare con un unico personaggio, ma con tutti i grandi poeti che l’hanno
preceduto. Eliot incontra un uomo che cammina, ma il suo aspetto ha qualcosa di inquieto e
di perturbante, perché l’accettazione del passato e della tradizione letteraria è sempre una
accettazione che comporta una resa ed una ricreazione. Anche se Eliot non condivide con
Bloom l’idea di una tradizione come “angoscia dell’influenza” anche per Eliot, comunque,
la tradizione costituisce una presenza con cui il poeta deve continuamente confrontarsi. Se,
infatti, da un lato per il poeta la tradizione costituisce una sorta di sfondo su cui vengono
puntellate le rovine e i frammenti del mondo moderno, dall’altro il poeta modernista non può
non sentire la precarietà della sua condizione e la difficoltà di trovare una voce originale.
Queste terzine, che rappresentarono per Eliot una fatica immane per la loro resa,
costituiscono, inoltre, una delle parti più riuscite dell’intera opera poetica di Eliot, perché, a
mio avviso, Eliot riesce non solo a riprodurre nei suoi versi quella presa sul concreto, insieme
realistico ed evocativo, tipica del linguaggio dantesco, ma anche a reinterpretare il messaggio
di Dante in chiave ironica e modernista. La profezia che Brunetto anticipa a Dante è anche il
senso di tutto il suo viaggio e cioè quella del glorioso destino di Dante, il fantasma di Eliot,
invece, offre, come ironico contrappunto, di rivelare “per coronare gli sforzi di tutta la sua
vita i doni “riservati alla vecchiaia”. Così, al posto di un glorioso destino abbiamo in Eliot la
vergogna dei motivi di un tempo svelato, perché i doni riservati alla vecchiaia sono ben amari.
The Four Quartets rappresentano, in questo senso, il più sostenuto omaggio a Dante.
È molto significativo che Eliot riprenda le scene di agnizione della Divina Commedia per
confrontarsi con il problema del tempo e dell’eternità. Come Dante ci ricorda nell’Inferno, è
stato Brunetto ad insegnargli come “l’uomo s’etterna”, come l’uomo diventi immortale